La Rete Come Strumento Di Lotta
L’oscurità non è priva di luce. Tutt’altro. Ha riflessi superiori alle apparenze, come una novella scritta meglio, più affascinante, che spesso fatichiamo a capire.
E quella novella ha i connotati della realtà.
Dipende da che punto di vista la osserviamo.
Anonymous è un termine misterioso, quasi inquietante, associato a un gruppo di cyber-terroristi che compiono attacchi informatici, provocando temporanei black-out a siti governativi e non.
Ma qual è la verità? Chi o cosa è Anonymous?
Per scoprirlo non sono necessarie competenze particolari, conoscenze occulte: basta accedere alla loro chat, aperta al pubblico e libera (una parola chiave per la community).
È sufficiente fare quattro chiacchiere con questi ragazzi, uomini e donne di ogni età, per capire quanto sia fiorita una bugiarda mitologia del terrore attorno alla loro attività.
Anonymous è un movimento di “resistenza attiva”, composto da persone impegnate nel perseguire un'ideale che molti, moltissimi inseguono da tempo: la libertà di informazione, soprattutto sulla Rete, che è il più vasto e accessibile mezzo di comunicazione. Non sono i cyber terroristi, né gli hacker che i mass media dipingono. Sono persone comuni (alcune, in effetti, in possesso di notevoli conoscenze informatiche) che hanno deciso di scendere nella piazza virtuale del Web e far sentire la loro voce.
Come i movimenti operai del passato che incrociavano le braccia bloccando le grandi industrie; come gli agricoltori che intasavano le autostrade coi trattori a reclamare i diritti negati: sulla rete si dossa (termine derivato dall'acronimo DDoS che sta per Distributed Denial of Service), ossia si provoca una sorta di black out temporaneo di siti, generalmente governativi o appartenenti a grandi aziende di servizi, con lo scopo di dare un segnale forte e visibile contro chi si pensa possa limitare o manipolare l'informazione e la libertà dei cittadini.
Questo atto si configura, nel sistema giuridico di molti stati, come interruzione di pubblico servizio.
Negli Stati Uniti il reato viene punito con la reclusione fino a 25 anni, a cui spesso si aggiungono risarcimenti a cinque zeri. In Italia la pena arriva a un quinto degli USA, più relative sanzioni pecuniarie.
Qualcuno sostiene che l'interruzione di pubblico servizio rientri nella cosiddetta gray area, e che quindi tale atto possa considerarsi reato in base alle circostanze e a discrezione di chi giudica. Ed è proprio questo fatto, forse, a consentire che i singoli o i gruppi di attivisti vengano perseguiti più delle grandi aziende, prive di scrupoli nell’interrompere o sospendere i servizi erogati. È noto come esse abbiano più risorse per difendersi dagli “attacchi” della giustizia.
Attraverso questa intervista cercheremo di chiarire chi sono gli Anonymous italiani, e quali sono i loro scopi.
P: Anonymous Italia nasce invece nel Dicembre 2010, dopo le pressioni subite da Wikileaks.
A: Sì, su AnonOps è cominciato tutto con Operationpayback, nata come risposta di Anonymous alle pressioni per tagliare i fondi a Wikileaks da parte di Paypal, Masetrcard, Visa, Credit Suisse e altri.
A: Sì, e intendiamo garantire che internet sia liberamente accessibile e privo di qualsiasi tipo di filtri e sistemi di censura. In ogni caso, Anonymous è in costante evoluzione.
A: Crediamo fermamente nei diritti umani, nella libertà di espressione e informazione. Ci battiamo perché ogni uomo sia tutelato dai soprusi di lobby, corporation e governi, a prescindere dal loro colore politico.
A: Tramite svariati tipi di azioni, dall'attivismo puro all’hacking a fini etici. E poi tramite i DDoS, che sono il nostro sistema di attacco più diffuso.
P: È il più diffuso perché può contribuire chiunque a portarlo a termine, senza avere conoscenze informatiche particolari.
A: Sì, esatto. Noi ci appelliamo a chiunque, non siamo un gruppo elitario.
A: Estremamente vario sia per età che per credo politico, estrazione sociale, religione e altro ancora.
A: Non esistono strutture di tipo piramidale: niente leader né capi. Esistono utenti veterani e stimati, ma con gli stessi diritti e lo stesso potere decisionale dell'ultimo arrivato.
P: Primi inter pares.
A: È ciò che ci tiene in vita. Non si può "decapitare" un organizzazione priva di capi. Le decisioni di qualsiasi genere vengono prese collettivamente, e una volta raggiunta una massa critica si traduce in azioni la linea intrapresa.
A: Dipende. I nostri interventi e soprattutto gli ideali vengono distorti e strumentalizzati. Ci dipingono come cyber-terroristi, criminali il cui unico scopo è impossessarsi dei dati finanziari degli utenti dei siti colpiti per lucrarne. Inutile dire che è falso, non ci interessa danneggiare il cittadino, bensì il contrario. I nostri attacchi sono sempre simbolici e dimostrativi.
P: È sempre un discorso di lobby: le grandi testate non sono lobby free, e noi ne paghiamo le conseguenze. Non solo come Anonymous, sia chiaro, ma a livello dell’intero paese. Non a caso chi approfondisce in misura maggiore le nostre attività sono le testate specializzate.
A: Per me inizialmente era una sorta di "Amici Miei Web 2.0", mi sono unito per lo spirito goliardico e dissacratorio. Poi, a seguito dello shift verso forme di attivismo più consapevoli, il mio interesse e la mia partecipazione sono cresciuti considerevolmente.
A: Credo anche che Anonymous sia una forza largamente sottovalutata; ne è un esempio Operation Paypal, che sta influendo seriamente sulle stock options di Ebay. Anonymous funziona perché non ha confini geografici ed è di una capillarità impressionante. Inoltre, essendo un’organizzazione decentralizzata e senza volto, non è facile da perseguire.
P: Esatto, Anonymous è soprattutto internazionale, ed è un problema per le varie polizie mettere d'accordo le varie giurisprudenze, già di per se carenti in materia di internet. E questo è un punto a nostro favore.
A: Free cookies for everyone... also cupcakes! Ovvero: biscotti gratis per tutti...dolcetti compresi! (Ride) A parte gli scherzi, direi che i tempi sono maturi per usare mezzi alternativi allo scopo di conseguire ciò che gli attivisti hanno in mente da tempo.
A. e P.: We are Anonymous, united as one, divided by zero.
Lottano senz’armi contro la disinformazione. Non sono terroristi.
Per capirlo basta guardare il murales divenuto il loro simbolo: è pieno di colori, e rappresenta le due facce di Anonymous Italia, ossia Anonymous e Lulzsec. Nessuno che sia mosso dall'odio o dalla rabbia dipingerebbe un mondo così bello e colorato.
Hanno fatto propria la massima di Voltaire: "Non condivido quello che dici, ma mi batterò affinché tu possa continuare a dirlo".
Dipende da che punto di vista la osserviamo.
Anonymous è un termine misterioso, quasi inquietante, associato a un gruppo di cyber-terroristi che compiono attacchi informatici, provocando temporanei black-out a siti governativi e non.
Ma qual è la verità? Chi o cosa è Anonymous?
Per scoprirlo non sono necessarie competenze particolari, conoscenze occulte: basta accedere alla loro chat, aperta al pubblico e libera (una parola chiave per la community).
È sufficiente fare quattro chiacchiere con questi ragazzi, uomini e donne di ogni età, per capire quanto sia fiorita una bugiarda mitologia del terrore attorno alla loro attività.
Anonymous è un movimento di “resistenza attiva”, composto da persone impegnate nel perseguire un'ideale che molti, moltissimi inseguono da tempo: la libertà di informazione, soprattutto sulla Rete, che è il più vasto e accessibile mezzo di comunicazione. Non sono i cyber terroristi, né gli hacker che i mass media dipingono. Sono persone comuni (alcune, in effetti, in possesso di notevoli conoscenze informatiche) che hanno deciso di scendere nella piazza virtuale del Web e far sentire la loro voce.
Come i movimenti operai del passato che incrociavano le braccia bloccando le grandi industrie; come gli agricoltori che intasavano le autostrade coi trattori a reclamare i diritti negati: sulla rete si dossa (termine derivato dall'acronimo DDoS che sta per Distributed Denial of Service), ossia si provoca una sorta di black out temporaneo di siti, generalmente governativi o appartenenti a grandi aziende di servizi, con lo scopo di dare un segnale forte e visibile contro chi si pensa possa limitare o manipolare l'informazione e la libertà dei cittadini.
Questo atto si configura, nel sistema giuridico di molti stati, come interruzione di pubblico servizio.
Negli Stati Uniti il reato viene punito con la reclusione fino a 25 anni, a cui spesso si aggiungono risarcimenti a cinque zeri. In Italia la pena arriva a un quinto degli USA, più relative sanzioni pecuniarie.
Qualcuno sostiene che l'interruzione di pubblico servizio rientri nella cosiddetta gray area, e che quindi tale atto possa considerarsi reato in base alle circostanze e a discrezione di chi giudica. Ed è proprio questo fatto, forse, a consentire che i singoli o i gruppi di attivisti vengano perseguiti più delle grandi aziende, prive di scrupoli nell’interrompere o sospendere i servizi erogati. È noto come esse abbiano più risorse per difendersi dagli “attacchi” della giustizia.
Attraverso questa intervista cercheremo di chiarire chi sono gli Anonymous italiani, e quali sono i loro scopi.
- Potete illustrare ai nostri lettori quando, come e dove nascono Anonymous, e Anonymous Italia in particolare?
P: Anonymous Italia nasce invece nel Dicembre 2010, dopo le pressioni subite da Wikileaks.
A: Sì, su AnonOps è cominciato tutto con Operationpayback, nata come risposta di Anonymous alle pressioni per tagliare i fondi a Wikileaks da parte di Paypal, Masetrcard, Visa, Credit Suisse e altri.
- Quindi alla base di Anonymous Italia c'è la volontà di dare un segnale contro il tentativo delle grandi imprese di zittire l'informazione “scomoda”?
A: Sì, e intendiamo garantire che internet sia liberamente accessibile e privo di qualsiasi tipo di filtri e sistemi di censura. In ogni caso, Anonymous è in costante evoluzione.
- Più in generale quali sono le idee, o meglio, gli ideali che stanno alla base di Anonymous?
A: Crediamo fermamente nei diritti umani, nella libertà di espressione e informazione. Ci battiamo perché ogni uomo sia tutelato dai soprusi di lobby, corporation e governi, a prescindere dal loro colore politico.
- E in che modo portate avanti il vostro progetto?
A: Tramite svariati tipi di azioni, dall'attivismo puro all’hacking a fini etici. E poi tramite i DDoS, che sono il nostro sistema di attacco più diffuso.
P: È il più diffuso perché può contribuire chiunque a portarlo a termine, senza avere conoscenze informatiche particolari.
A: Sì, esatto. Noi ci appelliamo a chiunque, non siamo un gruppo elitario.
- Così avete anticipato la mia domanda, ossia se il gruppo è composto da soli esperti o è una comunità eterogenea.
A: Estremamente vario sia per età che per credo politico, estrazione sociale, religione e altro ancora.
- La vostra organizzazione non ha una struttura gerarchizzata, giusto?
A: Non esistono strutture di tipo piramidale: niente leader né capi. Esistono utenti veterani e stimati, ma con gli stessi diritti e lo stesso potere decisionale dell'ultimo arrivato.
P: Primi inter pares.
- E credete che questo sia un metodo organizzativo efficace?
A: È ciò che ci tiene in vita. Non si può "decapitare" un organizzazione priva di capi. Le decisioni di qualsiasi genere vengono prese collettivamente, e una volta raggiunta una massa critica si traduce in azioni la linea intrapresa.
- Ritenete che le vostre gesta siano apprezzate dall'opinione pubblica, e di essere compresi nei vostri intenti?
A: Dipende. I nostri interventi e soprattutto gli ideali vengono distorti e strumentalizzati. Ci dipingono come cyber-terroristi, criminali il cui unico scopo è impossessarsi dei dati finanziari degli utenti dei siti colpiti per lucrarne. Inutile dire che è falso, non ci interessa danneggiare il cittadino, bensì il contrario. I nostri attacchi sono sempre simbolici e dimostrativi.
- Ritenete dunque di non ricevere un adeguato supporto?
P: È sempre un discorso di lobby: le grandi testate non sono lobby free, e noi ne paghiamo le conseguenze. Non solo come Anonymous, sia chiaro, ma a livello dell’intero paese. Non a caso chi approfondisce in misura maggiore le nostre attività sono le testate specializzate.
- Sul piano strettamente personale, cosa vedete voi in Anonymous? Per quale motivo avete deciso di farne parte?
A: Per me inizialmente era una sorta di "Amici Miei Web 2.0", mi sono unito per lo spirito goliardico e dissacratorio. Poi, a seguito dello shift verso forme di attivismo più consapevoli, il mio interesse e la mia partecipazione sono cresciuti considerevolmente.
- Quindi pensate che Anonymous sia una forma di attivismo efficace?
A: Credo anche che Anonymous sia una forza largamente sottovalutata; ne è un esempio Operation Paypal, che sta influendo seriamente sulle stock options di Ebay. Anonymous funziona perché non ha confini geografici ed è di una capillarità impressionante. Inoltre, essendo un’organizzazione decentralizzata e senza volto, non è facile da perseguire.
P: Esatto, Anonymous è soprattutto internazionale, ed è un problema per le varie polizie mettere d'accordo le varie giurisprudenze, già di per se carenti in materia di internet. E questo è un punto a nostro favore.
- Potete spiegarci cos'è Operation Paypal?
- Di quale reato è stata accusata Mercedes?
- Un'ultima domanda. Se doveste convincere qualcuno a prendere parte ad Anonymous, cosa direste?
A: Free cookies for everyone... also cupcakes! Ovvero: biscotti gratis per tutti...dolcetti compresi! (Ride) A parte gli scherzi, direi che i tempi sono maturi per usare mezzi alternativi allo scopo di conseguire ciò che gli attivisti hanno in mente da tempo.
A. e P.: We are Anonymous, united as one, divided by zero.
Lottano senz’armi contro la disinformazione. Non sono terroristi.
Per capirlo basta guardare il murales divenuto il loro simbolo: è pieno di colori, e rappresenta le due facce di Anonymous Italia, ossia Anonymous e Lulzsec. Nessuno che sia mosso dall'odio o dalla rabbia dipingerebbe un mondo così bello e colorato.
Hanno fatto propria la massima di Voltaire: "Non condivido quello che dici, ma mi batterò affinché tu possa continuare a dirlo".