L’armonia Spirituale della Danza Classica
La danza classica è un mondo a sé che si distingue da tutti gli altri stili: a partire dalla musica su cui i ballerini ballano, fino alla precisione di ogni passo da loro eseguito.
I ballerini, nell’armonia della danza classica sono come farfalle, ciò significa che devono imparare a perfezionare i gesti e nel contempo farli risultare semplici e naturali.
In realtà, sudano le famose sette e più camicie per inscenare le coreografie. Per riuscirvi, oltre che ballare perfettamente, devono essere a loro agio nei corpi e nella mente, poiché devono diventare un tutt’uno con la musica. Il corpo segue lo slancio del cuore e al tempo stesso la mente segue l’esercizio imparato: sembra facile, in apparenza, ma ci sono ore e ore di esercizio dietro a coreografie così “banali”. La danza classica è un metodo per esprimere ciò che scrittori, musicisti o cantanti direbbero in modo diverso. Con la differenza che i ballerini non devono impiegare la fantasia per farlo, bensì trovare la sensibilità, il linguaggio del corpo e le espressioni corrette per trasmettere una storia scritta in precedenza.
L’armonia, e pertanto il fascino di questa arte, sta proprio nello stimolare con il corpo – che diviene in tutto e per tutto spirito – l’immaginazione degli spettatori.
Il giudizio sull’espressività di un ballerino è soggettivo. Lo studio dello stile classico comincia, per la maggior parte dei grandi interpreti, da bambini. Gli insegnanti spiegano minuziosamente i passi, la tecnica, perché la danza classica è in primo luogo perfezione.
Solo più avanti si insegna come muoversi correttamente, come esprimersi con il viso senza rovinare la perfezione dei passi, perché è molto più bella una coreografia con alcuni errori e colma di estro, piuttosto che una perfetta ma compiuta da ballerini incapaci di trasmettere null’altro se non freddi volteggi e figure, lezioni riviste e ripetute.
Tant’è, tutti potremmo diventare abili ballerini, se bastasse conquistare la tecnica e la conoscenza dei passi, in modo da chiudere perfettamente una quinta posizione o fare un grand jete ampissimo, ma la danza non è solo questo. Pochi, infatti, riescono a diventare grandi interpreti, capaci di vivere sul palco e di far vivere in platea un’intensa gamma di emozioni, e anche se a qualcuno può non piacere la loro tecnica o la loro espressività, l’effetto del loro pathos esecutivo è comunque d’impatto e il parere sul singolo attore non è più soggettivo, ma oggettivo. Del resto un ballerino passa ore e ore ad esercitarsi su come e cosa trasmettere, acquisendo poi un metodo tutto suo, che può piacere o meno, ma che è innegabile una volta còlto nell’espressione del talento.
Se si esce da un teatro scossi per aver recepito un “qualcosa” anche inconsciamente significa che il ballerino, o i ballerini, hanno saputo portare il messaggio nonostante le eventuali imperfezioni dei passi. Per notare tutto ciò non serve essere un cultore o un maestro, basta solo stare attenti ai dettagli dei corpi e dei visi: alla smorfia sul viso di Odette quando muore, o il ghigno di scherno di Odile quando riesce a prendere in giro il principe.
È qualcosa che va oltre il mestiere, oltre le ore, i giorni di esercizi tecnici alla sbarra, perché il dono di trasmettere una vicenda, una avventura o un dramma senza l’uso delle parole, è una sensibilità che non si può insegnare: la si può solo apprendere guardando dentro di sé. Pure i più grandi ballerini hanno ammesso che la potenza lirica dell’espressione si riesce ad acquisire solo con il tempo e con la totale immedesimazione nei personaggi interpretati. È la recita globale, e dove un attore del cinema ha dalla sua, appunto, la facoltà di parola, o per lo meno una mimica più vicina alle movenze abituali del quotidiano (pur nelle inclinazioni all’enfasi del ruolo, alle contorsioni di una gag comica o tragica come nel cinema muto), il ballerino deve trasmettere con i volteggi e le scene evocate dai passi, ogni tipo d’emozione. Mai come in questo caso la frase «mettersi nei panni del personaggio» calza tanto a pennello.
L’artista deve essere sereno interiormente e a suo agio con il corpo, infatti c’è bisogno di sicurezza e di calma interiore per dare quel senso di pace agli spettatori durante il ballo, nonostante la fatica. E sì, bisogna controllare i propri dolori e nasconderli in modo che gli altri non li vedano. Ci vuole una gran dose di pazienza, che è un esercizio quanto mai sano: la sua pratica, unita alla passione, porta a uno stato di beatitudine. Le emozioni rivolte al pubblico, infatti, tornano tutte – ogni volta moltiplicate nell’energia – sul palco. È dunque una forma di poesia antica, pura, in quanto usa l’elemento base del corpo nella nudità dei suoi gesti, privo di orpelli e seduzioni linguistiche; e gli autori scrivono con un alfabeto fatto di passi qualcosa che forse, a parole, neppure si potrebbe raccontare.
Purtroppo, la nicchia in cui sovente è chiusa la danza non la accosta all’opera poetica di Dante, Petrarca, o del Manzoni, che nessuno definisce banali, ma non è forse un’opera d’arte difficile da leggere in sé un quadro di Mirò o di Van Gogh? È, per giunta, parimenti soggettivo; solo, meno complesso per tutta un serie di implicazioni. Le medesime che viziano di giusta (e sana) libertà le opinioni, però oggettivamente non farebbero mai dire che i quadri di Picasso, al di là del gusto personale, siano degli scarabocchi.
Photo: The great italian dancer, by Claudia Dea (2017)
Comments
quando si dice una riflessione necessaria.
inoltre l'osservazione fatta a proposito del gag nel cinema, dell'enfasi e della limitazione contro la quale la danza pone solo l'agitarsi - aggraziato e simbolico - dei corpi, la coordinazione e il 'disegno' che traccia nell'atmosfera con la coreografia, trovo sia di un'acume raro. era ora che qualcuno prendesse in considerazione la differenza. ok, la danza - specie quella classica - continuerà ad essere vista come esercizio di nicchia e come generico 'sport' per ragazzine; ma se chi non la pratica (e non l'avvicina) capisse metà di ciò che è scritto qui, non si fermerebbe solo davanti al grande schermo. ce n'è uno, di schermo, che tutti i giorni abbiamo la possibilità di ammirare: danzate, e il mondo sarà un palcoscenico di pace. interiore e fattuale, vivida, tra gli uomini!!
Un pezzo bellissimo, complimenti.
grazie mille!
io a sedici anni scarabocchiavo appena il diario e a volte due giorni dopo non capivo nemmeno cos'avevo espresso. davvero da non credere: tutte le possibili congratulazioni a te e a chi ti ha cresciuta così e a chi ti ha dato l'occasione di pubblicare i tuoi pensieri. spero te ne diano di nuovo l'occasione.
meno male che esiste ancora una generazione che segue i passi dettati da chi, nel passato, li ha ben percorsi.
Pensavo a ciò che sottendi nell'articolo: se i movimenti del corpo non sono casuali ma finalizzati ad esprimere contenuti, sono un codice importante per la comprensione della cultura e della spiritualità dell’uomo. Niente di più realistico. Brava, senza mezzi termini, brava!!!
In base alle mie conoscenze però posso parlare solo di questo stile, anche se ciò che è scritto si potrebbe estendere a tutti gli altri stili.
Con questo articolo volevo spiegare come la danza, rispetto a tutte le altri arti, sia spesso sottovalutata.